Musei è arrivato lo straniero, che studia…

Neil Mc Gregor Direttore del British Museum è nato nel Regno Unito, Mikhail Piotrovsky Direttore Hermitage è nato nell’allora Unione Sovietica, Jean- Luc Martinez Direttore Louvre è di nazionalità Francese, Glenn David Lowry Direttore MoMA è nato a New York e la lista potrebbe continuare all’infinito, i grandi Musei internazionali preferiscono Direttori del Paese di origine, ci sarà una ragione?

Se si analizza il percorso di studio e formativo dei più importanti Direttori del mondo, emerge con chiarezza che esiste una generazione che ha avuto la possibilità di studiare, di fare esperienze formative e cominciare ad avere responsabilità via via sempre più complesse sempre nel territorio di nascita, con qualche legittima esperienza all’estero. Il cosiddetto “manager culturale” ogni Paese se lo coccola e se lo tiene.    

E il nostro Paese? La culla della civiltà europea, la patria del Patrimonio artistico più importante del mondo, ha affidato la Direzione di sette dei venti Musei Nazionali  (tra cui Brera, Uffizi, Capodimonte, Palazzo Ducale di Mantova ecc.) a Direttori  stranieri .

 

È l’esatta rappresentazione del fallimento di un percorso che non ha mai trovato un senso strategico.

Continuare a ripetere che i nostri musei non sono visitati e cercare di risolvere il problema con la collocazione di direttori che parlano il francese, l’inglese o lo spagnolo, è la strada sbagliata perché non incide sulla strada scolastica e formativa del nostro Paese e in un certo senso fa perdere la speranza alle tante professionalità che malgrado tutto potrebbero aspirare a quelle posizioni.

Aggiungo con rammarico che tali direttori sono nella fase di conoscenza… di studio… e si fanno affiancare dalle nostre professionalità e tirano a campare….

Gli osservatori più attenti poi hanno sempre sostenuto che il problema dell’Italia non è che entrano pochi visitatori in molti dei nostri Musei ma che non esiste un “sistema turismo”. Perché non si lavora ad un piano per il rilancio del turismo? Non c’è solo la cura dell’immagine, che va da Matera 2019 Capitale Europea della Cultura, alla candidatura per l’Olimpiade del 2024, passando per una grande campagna di marketing sul web. Cosa aspettiamo ad integrare i tre enti che oggi lavorano su campi diversi: l’Enit, l’agenzia nazionale per il turismo che si occupa della promozione, l’Ice, l’Istituto per il commercio estero, e quella parte di Invitalia, la società del ministero dell’Economia, che si occupa di attrazione degli investimenti? E poi perché non pensare ad un piano per la vendita di immobili pubblici da convertire in hotel?

È comunque chiaro che i nostri Musei hanno anche dei problemi che, oltre alla cattiva gestione del turismo, possono riassumersi essenzialmente in tre motivi: prima di tutto i musei sono visti come pedine politiche, da essere mosse nei giochi di potere locali; secondariamente, c'è la diffusa convinzione che bisognerebbe fare soldi direttamente dai musei e dalle mostre; in terzo luogo, l'idea sbagliata secondo cui i musei italiani sono rimasti indietro perché sono gestiti da studiosi e che se fossero sostituiti da manager tutti i problemi si risolverebbero.

In realtà, anche i musei perfettamente funzionanti non creano profitto, quasi nessuna mostra lo fa, e neppure un solo museo di arte in Gran Bretagna o in America è gestito da un manager. Il direttore del Metropolitan Museum of Art è specializzato in arazzi, il direttore del Tate è un esperto di arte contemporanea; perfino il J. Paul Getty Trust, un'enorme istituzione culturale che riceve una sovvenzione di 4,2 miliardi di dollari, ha nominato uno storico dell'arte come suo terzo presidente.

Il fine dei musei italiani sembra invece consumarsi tutto nella 'cura e tutela', secondo la solennità dell'intonazione con cui queste parole sono pronunciate. Cura e tutela sono il totem psicologico che azzera ogni altra funzione. Come se ogni altra funzione, comunque realizzata, fosse una minaccia proprio alla cura e tutela. Come se le opere al Metropolitan Museum di New York o alla Tate Gallery di Londra non fossero abbastanza curate e tutelate.

C’è da augurarsi che si ritrovi il senso della valorizzazione delle nostre risorse nazionali e si giochi su un grande progetto formativo per consegnare finalmente e di nuovo un Direttore Italiano nei nostri principali Musei altrimenti meglio mettere un Ministro dei Beni Culturali Cinese….

 

Riccardo Bertollini